VIVERE SENZA UN FRATELLO

11 Aprile 2022

La morte di un fratello o di una sorella è un lutto del quale si parla raramente. Forse, proprio per questo, è tra i più dolorosi da affrontare.

Una sofferenza patita anche da Ugo Foscolo, esternata nel celebre sonetto “In morte del fratello Giovanni” e da Catullo che ne scrive nel brano “Sulla tomba del fratello”. Entrambi gli autori ben descrivono il loro sentire e la fatica di dare l’ultimo saluto al proprio caro, prematuramente scomparso.

 

 

LA MORTE DI UN GIOVANE FRATELLO

Quando un figlio muore in giovane età, solitamente amici e parenti si stringono intorno ai genitori dimostrando affetto e vicinanza innanzi a una sofferenza incontenibile. Quasi nessuno presta attenzione agli altri figli, delegittimandoli della possibilità di esternare il proprio dolore o anche semplicemente di porre agli adulti le inevitabili domande circa l’accaduto. Talvolta, con l’intento di proteggerli da una situazione dolorosa, i fratelli vengono esclusi anche dalla partecipazione al funerale, privandoli dei benefici offerti dalla ritualità e del sostegno della comunità. Questo porta a non riconoscere il diritto dei fratelli di affrontare il proprio lutto compromettendone il processo di elaborazione.

 

LE CONSEGUENZE

Talvolta, avere un fratello morto in giovane età può diventare una sorta di etichetta di riconoscimento per le persone del paese o della comunità di appartenenza. Questo è doloroso per i fratelli in vita in quanto si sentono identificati solo alla luce dell’evento luttuoso che ha colpito la propria famiglia e non per come sono loro come persone. Sono frequenti anche gli sguardi di commiserazione che fanno sentire a disagio chi li riceve poiché inficiano la trasparenza e la parità nelle relazioni.

Un adolescente in lutto per la morte del fratello desidera sentirsi semplicemente come tutti gli altri coetanei, senza che gli venga rimarcato il suo dolore, a meno che non sia lui stesso a parlarne.

 

 

LA MORTE DI UN FRATELLO IN ETÁ ADULTA

In alcune situazioni, perdere un fratello o una sorella significa restare figli unici con importanti implicazioni sull’orizzonte familiare e di percezione di sé. Quel fratello mancherà sempre e ancora di più quando occorrerà prendersi cura dei genitori, condividere e compiere delle scelte importanti in merito alla gestione dei beni familiari. In queste situazioni è possibile che il fratello in vita sviluppi la sindrome del sopravvissuto: il malessere caratterizzato dal senso di colpa per non essere morto. Questo peso condiziona negativamente la vita della persona, influenzandone le scelte e lo sguardo sul mondo. Diventa, quindi, più comprensibile il motivo per il quale talvolta si può covare rancore o manifestare rabbia nei confronti del fratello deceduto. È una reazione naturale, anche se spesso viene nascosta per il timore di essere giudicati o di non essere capiti da familiari e amici. Al contrario, può altresì accadere che il fratello in vita decida di “vivere anche per il fratello morto”, sentendosi quindi aggravato da questo senso di responsabilità nella propria quotidianità.

 

 

UN’OCCASIONE DI BILANCIO E CAMBIAMENTO

La morte di un fratello significa perdere un testimone del proprio passato, ma anche rinunciare alle possibilità che il futuro avrebbe potuto ancora offrire. Si è costretti a proseguire senza chi, insieme a noi, ha contribuito alla storia della nostra famiglia. Tutto ciò, spesso, porta a interrogarsi circa la propria mortalità e a fare un bilancio di vita, talvolta maturando un cambiamento anche significativo nel proprio modo di vivere, nella gestione delle priorità e del tempo.

 

 

LA MORTE DI UN FRATELLO IN ETÁ ANZIANA

Quando si è anziani, la morte di un fratello o una sorella aumentano il senso di solitudine e fanno percepire l’approssimarsi della propria morte. Nella terza e quarta età, infatti, un grande e silenzioso dolore da affrontare è il diradarsi delle relazioni parentali e amicali a causa di malattie e decessi che caratterizzano questa fase della vita.

 

LA QUALITÁ DEI RAPPORTI

Un aspetto molto significativo è la qualità dei rapporti. Se si è riusciti ad andare d’accordo negli anni, anche se la sofferenza è grande, sarà lenita dal ricordo dei momenti condivisi e dalla gratitudine per il bene donato reciprocamente. Quando ci sono incomprensioni, litigi o rancore, invece, il momento della morte è appesantito da questi sospesi che inficiano il normale processo di elaborazione del lutto. Ove presente, il tempo della malattia costituisce talvolta una preziosa occasione di riavvicinamento, se i rapporti non erano buoni. Le necessità di accudimento e le fragilità che ne emergono, possono favorire il ricucirsi di ferite mai risanate. Quando domina l’orgoglio e non si riesce ad appianare i dissapori, la morte interrompe per sempre la possibilità di chiarimento e questo può lasciare spazio al senso di colpa e avere un impatto significativo nelle dinamiche familiari.

 

Lorenzo Bolzonello - psicologo e cerimoniere funebre