LA DEMENZA VISTA DA CHI SE NE PRENDE CURA

8 Marzo 2022

La demenza priva i nostri anziani di ricordi e autonomia e giorno dopo giorno toglie ai familiari frammenti dei loro cari. Ne soffrono 55 milioni di persone nel mondo, ma quanto ne sappiamo davvero? Guardiamola con gli occhi di chi se ne prende cura.

 

 

COS’È LA DEMENZA

Con il termine “demenza” ci si riferisce ad una condizione di disfunzione cronica e progressiva delle funzioni cerebrali che porta ad un declino delle facoltà cognitive di una persona interferendo in modo significativo con la sua vita quotidiana.

Esistono demenze “primarie”, come l’Alzheimer e demenze “secondarie”, in quanto conseguenza di altre condizioni, come la demenza alcolica.

 

 

COME SI MANIFESTA?

Il segnale di allerta per i familiari quasi sempre è dato da deficit di memoria che portano a piccole dimenticanze, inizialmente difficili da identificare. I sintomi più comuni, tuttavia, includono anche le sfere dell’attenzione, del linguaggio, dell’orientamento spazio-temporale, delle abilità pratiche, del giudizio critico, del pensiero astratto, del ritmo sonno-veglia e dell’umore.

 

 

QUALI SONO LE FORME PIÚ DIFFUSE?

Esistono moltissime forme di demenza. In base alle diverse classificazioni, se ne possono contare anche 100. Tuttavia sono 4 quelle più diffuse:

 

      1. di Alzheimer, che è la più studiata poichè comprende oltre la metà dei casi;
      2. della malattia di Parkinson;
      3. vascolare
      4. da corpi di Lewy
      5. fronto-temporale

 

Un altro dato da tenere in considerazione è che dopo i 65 anni, ogni 5 anni raddoppia il numero di persone colpite dalla malattia. Dopo gli 80 anni, l’incidenza è tra il 30-40% con una prevalenza nelle donne.

 

 

QUALI FATICHE COMPORTA?

Sono innumerevoli le conseguenze legate alla demenza. Il primo problema, tuttavia, è riuscire a giungere ad una diagnosi quanto più precocemente possibile. Vi sono poi ricadute sul piano emotivo, organizzativo, economico ed assistenziale che coinvolgono tanto l’anziano quanto la sua famiglia. Va poi considerato che molto spesso i familiari hanno bisogno di tempi personali diversi tra loro per cogliere i segnali di decadimento. Questo ha a che fare con la fatica di accettare il senso d’impotenza che la demenza comporta e gli stravolgimenti che ne conseguono.

Alcuni familiari, inoltre, immersi nelle incombenze connesse al prendersi cura dei propri cari, fanno fatica a ritagliarsi un po’ di tempo per sé. Si sentono in colpa a concedersi una cena con gli amici o un weekend di vacanza con i propri affetti. È un atteggiamento comprensibile, ma alla lunga diventa insostenibile oltre che incompreso da amici e parenti. Vale la pena tener presente che essere un caregiver, cioè prendersi cura di un familiare, implica un impegno e una pazienza estremamente faticosi. Non è possibile, quindi, donarsi ai nostri cari se non ci si prende cura di sé, rigenerandosi in preziosi ritagli di tempo.

 

 

 

LA PERDITA AMBIGUA: IL VISSUTO DI CHI SI PRENDE CURA

I familiari che si prendono cura di un anziano con demenza hanno la sensazione che giorno dopo giorno si perda un suo pezzettino: un ricordo, un’abilità, una parola. Questo declino porta progressivamente la famiglia a non riconoscere più il proprio caro (e spesso a non essere riconosciuti da lui) perché fisicamente è rimasta la stessa persona, ma la compromissione è tale da non riconoscerla più nelle sue azioni, nei suoi bisogni, nel suo linguaggio. Questa è la situazione nella quale si verifica la perdita ambigua: il vissuto di chi si prende cura di una persona con demenza. Pauline Boss, la studiosa che ha elaborato questa teoria, l’ha definita come la più stressante e disfunzionale delle perdite. “C’è, ma non è più lei” è ciò che spesso dicono i familiari. Si tratta di un vero e proprio lutto, ma ancora più doloroso. Infatti, non vi è un momento preciso che identifica un prima e un dopo come in caso di morte. Nella demenza questo confine è sfilacciato e indefinito.  Per questa ragione, spesso nei familiari vi è un sentimento di ambivalenza tra la paura della morte e il desiderio che quest’ambiguità si concluda il prima possibile.

 

 

UNA RISORSA: IL TEMPO

Come abbiamo scritto nell’articolo di gennaio, la malattia offre una risorsa preziosa: il tempo. Più o meno lungo, il decorso della demenza consente alla persona e ai suoi familiari di utilizzarlo per risolvere i sospesi, le cose rimandate e mai dette, perdonarsi e congedarsi. Anche i gesti di cura sono importanti poiché consentono di entrare in relazione anche quando il dialogo è compromesso. La fatica più grande, infatti, è riuscire a “stare”, senza essere sopraffatti dal “fare”, tipico della nostra società. È importante rendersi conto di quest’opportunità e coglierla perché è l’ultima chiamata per evitare rimpianti, rimorsi e cristallizzare un ricordo positivo con il proprio caro che influenzerà in modo significativo la nostra vita futura.

 

 

L’APPUNTAMENTO IN CASA FUNERARIA

Questi sono solo alcuni dei temi che affronteremo Venerdì 18 Marzo alle 20:30, presso la casa funeraria di Gorgo al Monticano in via Postumia di Sala 30, nell’incontro pubblico “50 VOLTE IL PRIMO CIAO” dedicato al tema della demenza e del vissuto dei familiari e dei professionisti che si prendono cura di una persona con decadimento cognitivo.

Intervengono la dott.ssa Stefania Baro, infermiera professionale, dott.ssa in psicologia clinica e di comunità, diplomata al master in Death Studies & the End of Life e il dott. Lorenzo Bolzonello, psicologo, diplomato al master in Death Studies & the End of Life.

Per info e prenotazioni: Eventbrite

 

oppure scrivici a:

info@lacasafuneraria.it